“L’impegno politico del cristiano evangelico”. Prolusione per l’apertura dell’Anno Accademico 2022-2023 della Facoltà Teologica Valdese Roma 8 ottobre 2022
Valdo Spini Prolusione (Roma 8/10/2022)
Premessa
Care sorelle e cari fratelli, care amiche e cari amici,
Un fraterno saluto a tutti i presenti e un ringraziamento sentito alla Facoltà e al suo decano, pastore prof. Lothar Vogel per l’onore che mi viene fatto invitandomi a tenere questa prolusione.
Siamo nell’anno centenario del trasferimento a Roma della Facoltà Valdese di Teologia (1922-2022), l’Istituto Universitario delle Chiese Evangeliche Valdesi e Metodiste, cui partecipano anche la Chiesa Battista (Ucebi) e la Chiesa Luterana in Italia (Celi).
Mi è stato assegnato come tema quello dell’impegno politico del cristiano evangelico.
Non sono un teologo, non sono uno storico della Riforma. Correte quindi un bel rischio affidandomi questa prolusione. Ma sono, un cristiano evangelico e sono un politico (anche attualmente non in servizio permanente effettivo). E posso dire che l’essere cristiano evangelico mi ha molto aiutato nell’affrontare le difficoltà e le insidie della politica.
Per quanto riguarda il primo aspetto, quello del centenario della nostra Facoltà di Teologia, della cui storia tratterò più avanti, vorrei iniziare questo intervento ricordando un uomo, John Harvard, uno di quei pastori protestanti inglese che emigrò nel ‘600 in Massachusetts alla ricerca di spazi di libertà religiosa. Alla sua morte fece un lascito sia in denaro che in libri al College di Newtowne (Cambridge). Una donazione così importante che il College decise di intitolarsi al suo nome nel 1638. Da qui nasce e si sviluppa l’università di Harvard, una delle più prestigiose università del mondo. Va sottolineato che nel 1638 siamo solo a diciotto anni dallo sbarco a Plymouth del Mayflower dei Padri Pellegrini a significare eloquentemente il profondo legame intercorrente tra protestantesimo, formazione e cultura universitaria.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, e cioè l’impegno politico del cristiano evangelico, vorrei fare due dediche a due personalità del Novecento: Dietrich Bonhoeffer e Martin Luther King.
Come sappiamo, Dietrich Bonhoeffer è un pastore luterano, un grande teologo, impiccato per ordine personale di Hitler nel campo di concentramento di Flossenburg il 9 aprile 1945.
Bonhoeffer apparteneva alla chiesa confessante tedesca, che aveva sancito l’irriducibilità della fede cristiana col totalitarismo nazista nella Confessione di Barmen stesa da Karl Barth nel 1934. È nota la frase di don Lorenzo Milani “Se non fosse stato per la Chiesa Confessante noi cristiani non avremmo più il diritto di guardare in faccia un ebreo”. Il teologo luterano aveva partecipato ai contatti preparativi della congiura del 20 luglio 1944 che avrebbe dovuto portare, con la morte di Hitler, alla caduta del regime nazista e all’uscita della Germania dalla II guerra mondiale. A chi gli chiedeva perché un uomo di chiesa avesse potuto mescolarsi ad un’iniziativa che comportava uno spargimento di sangue, egli rispose:
«Quando un pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io non posso, come pastore, contentarmi di sotterrare i morti e consolare le famiglie. Io devo, se mi trovo in quel posto, saltare e afferrare il conducente al suo volante»
L’esempio di Bonhoeffer e degli altri resistenti cristiani antinazisti e antifascisti in tutta Europa e -lo voglio sottolineare- anche nelle Valli Valdesi è stato quello dell’opposizione, se necessario, con le armi ad un regime totalitario per la riaffermazione della libertà.
Con i suoi libri, Bonhoeffer è tra i teologi protestanti più conosciuti in Italia e nel mondo.
La seconda personalità cui vorrei dedicare il tema dell’impegno politico del cristiano è Martin Luther King., il pastore battista Premio Nobel per la pace, assassinato a causa del suo impegno antirazzista a Memphis in Texas il 4 aprile 1968.
Martin Luther King utilizzò con successo la pratica della non violenza nella battaglia per l’affermazione dei diritti civili della popolazione nera degli Stati Uniti. È quindi una dimostrazione di come questa sia la via propria del cristiano per affermare i propri diritti, in particolare nei regimi democratici, anche in quella parte degli Stati Uniti dove vigeva la segregazione razziale.
A proposito di fede e politica, si ricorderà che il pastore Martin Luther King, ispirato dalla sua fede, pronunciò uno dei discorsi politici più belli della storia alla marcia di Washington, lanciando il 26 agosto del 1963 il suo famoso “I have a dream”, “io ho un sogno “, una frase che ha fatto scuola nel linguaggio del nostro tempo.
Interessante è l’evoluzione del nome Martin Luther King. Il suo nome legale alla nascita era Michael King jr come quello di suo padre anch’egli pastore battista. Il padre decise di cambiare il nome in Martin Luther King in seguito ad un viaggio in Terra Santa e in Europa nel 1934, che lo portò anche in Germania dove fu affascinato dalla figura del grande riformatore tedesco Martin Lutero. E quindi anche suo figlio, il nostro eroe della non violenza assunse il nome di Martin Luther King jr: una dimostrazione del legame con la Riforma di questa grande figura con tutto quello che ha significato nella lotta per l’eguaglianza degli uomini e dei loro diritti indipendentemente dal colore della loro pelle.
Abbiamo così toccato un punto molto importante e controverso. La non violenza è la diretta indicazione del precetto evangelico ma vi possono essere circostanze in cui l’utilizzo della violenza è in qualche modo obbligato.
Dietrich Bonhoeffer e Martin Luther King sono oggi un punto di riferimento di tutto il mondo cristiano e dunque non potevamo che partire dal ricordo di queste due figure di pastori che si impegnarono nella sfera politica.
Certamente non ci devono essere sovrapposizioni tra fede e politica, intesa quest’ultima come l’insieme delle pratiche e delle tecniche per la conquista del potere e del suo mantenimento. Queste pratiche e queste tecniche furono teorizzate e rese autonome dalla morale religiosa da Niccolò Machiavelli col suo “Principe” steso nel 1513. Ed è questo uno dei motivi principali per cui Machiavelli è considerato il padre della scienza politica. Poco prima di lui, d’altronde, nella stessa città di Firenze, la tragica vicenda di fra‘ Girolamo Savonarola aveva dimostrato la fragilità e la debolezza di una repubblica teocratica finita drammaticamente col rogo del 23 maggio 1498.
Ma se non ci devono essere commistioni tra la fede e la politica, non possiamo non affermare che un rapporto molto stretto ci sia sul piano dei grandi valori e dei grandi principi, nelle conseguenze di quel secondo comandamento del Cristiano: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Questo stesso assunto ci dice che i grandi valori e i grandi principi del cristianesimo vanno testimoniati anche nella sfera politica, nell’esercizio dei diritti e dei doveri della cittadinanza. Città terrena e città di Dio: le definizioni e le distinzioni sono com’è noto di Sant’Agostino. Due realtà irriducibili, ma in cui l’uomo si trova contemporaneamente a vivere e in cui il cristiano deve compiere le sue scelte.
Lungi da noi la tentazione di auto conferirci primati o di cadere nell’autoreferenzialità. C’è filo da tessere per tutti. Ma credo che quello dell’impegno politico del cristiano sia qualcosa di profondamente radicato nella coscienza protestante, per il nostro confrontarci direttamente con le Sacre Scritture e con il loro messaggio, per l’etica della responsabilità personale che la caratterizza e per i principi democratici cui si uniformano le nostre Chiese. Un impegno che è tanto più forte quanto più è laico, rigorosamente laico, non dettato quindi dall’obbedienza alla Chiesa in quanto struttura, ma all’obbedienza alla propria coscienza di credenti.
La storia valdese: storia di lotta per la libertà
La storia valdese e più in generale la storia del protestantesimo italiano è una storia di lotta per la libertà. Per noi e per gli altri. Ed è stata quindi inevitabilmente anche una battaglia con forti riflessi politici perché ogni battaglia per la libertà ha i suoi riferimenti politici. E anche per il protestantesimo italiano lo è stato fin dal Risorgimento italiano a cui il nostro cammino di libertà è stato inestricabilmente legato.
Proprio le vicende dei Valdesi e dei protestanti italiani in genere durante il Risorgimento sono una dimostrazione dello stretto legame che intercorre tra libertà religiosa e libertà politica.
Nel 1848 , a Torino, si succedono infatti in fitta serie quattro avvenimenti di grande importanza: l’8 febbraio il re di Sardegna (che regnava su Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria -comprese Nizza e Savoia- e appunto Sardegna) , annuncia la sua volontà di “concedere” lo Statuto, cioè di dare al suo stato la forma di monarchia costituzionale; il 17 febbraio lo stesso Re Carlo Alberto emana le Regie Lettere Patenti con le quali concede i diritti civili ai Valdesi, che fino ad allora potevano solo usufruire di una limitata libertà religiosa nelle loro Valli, ma non potevano andare all’università, entrare nelle professioni etc.; il 4 marzo viene promulgato lo Statuto e il 29 Marzo i diritti civili vengono concessi agli Ebrei. Questo documento viene firmato “dal campo”: perché è cominciata la I guerra di indipendenza.
Un intreccio significativo di documenti di libertà politica e di libertà religiosa è dunque quello che si svolge nei primi mesi del 1848.
Il pieno esercizio dei diritti civili e quindi la libertà religiosa discendono per i Valdesi, e più in generale per i protestanti italiani, dal progredire del processo unitario nazionale.
Per dare un esempio dell’importanza di questa conquista vediamo che cosa avveniva in altri stati preunitari Il Granducato di Toscana che è passato alla storia per essere il primo stato che ha abolito la pena di morte nel 1786, non brillava certo per libertà religiosa.
Ogni tentativo di diffusione del protestantesimo era stato severamente represso dal governo granducale. Il pastore Paolo Geymonat, era venuto a Firenze con la Repubblica del 1849, ma il governo granducale, sopravvenuto, lo aveva arrestato e ricondotto con le manette ai polsi alle frontiere del regno di Sardegna.
La diffusione e la lettura collettiva, anche in case private, delle Scritture era proibita in particolare nella capitale Firenze. E quando, forse in seguito ad una spiata, la polizia granducale faceva irruzione in riunioni di lettura della Bibbia e di preghiera furono arresti, processi e condanne. Così fu per un aristocratico del prestigio del conte Piero Guicciardini, (che lasciò poi alla Biblioteca Nazionale di Firenze un preziosissimo Fondo di testi religiosi), così fu tra il 1851 e il 1853 per due semplici cittadini come i coniugi Madiai, arrestati per una riunione religiosa casalinga, processati, incarcerati e successivamente espulsi in Francia. Fu solo grazie all’ampia sollevazione dell’opinione pubblica internazionale protestante dell’epoca che si mise in moto l’azione diplomatica dei governi europei, in prima fila la Gran Bretagna, a consigliare il governo del Granduca Leopoldo II (il “re travicello” di Giuseppe Giusti) a commutare le pene detentive in espulsione dallo stato. toscano.
Ci fu invece diversità di trattamento nei confronti di un illustre cittadino pisano evangelico, Tito Chiesi, la cui collezione di Bibbie e testi sacri è una delle tre parti della mostra “Le Bibbie dei valdesi” che è tuttora in corso a Torre Pellice per iniziativa della Fondazione Centro Culturale Valdese. Tito Chiesi non dovette subire attenzioni poliziesche. Forse la presenza dell’università a Pisa ispirava un atteggiamento più liberale.
In ogni caso, con l’unificazione italiana, a Firenze si riconosce una supremazia culturale (e linguistica) in campo nazionale. Lo stesso trasferimento della capitale da Torino al capoluogo toscano nel 1861 è dovuto sia alla centralità di Firenze rispetto alla geografia della penisola ma anche al fatto di essere la “patria” della lingua italiana. l’Atene d’Italia, come fu definita. E quindi già negli anni Trenta dell’Ottocento i valdesi mandano alcuni giovani pastori a Firenze, dal Vieusseux e dal Lambruschini a studiare l’Italiano sulle orme del Manzoni che era venuto nel 1827 a “risciacquare i suoi panni in Arno.”.
Nelle Valli Valdesi si parlava il francese o il patois se non anco il provenzale. Ma i Valdesi decisero di giocare fino in fondo la carta dell’italianità e quindi della lingua italiana. E Paolo Geymonat, quando potrà, ritornare, non solo aprirà una chiesa valdese, nel popolare quartiere di Oltrarno, ma porterà a Firenze nel 1861, a Palazzo Salviati, anche la Scuola Teologica Valdese, fondata nel 1855 a Torre Pellice con due pastori e due studenti. È solo più tardi (1922) che la forza di attrazione della capitale porterà quella che oggi la Facoltà Valdese di teologia a Roma. (Fulvio Ferrario ha scritto una bella storia di questi sessanta anni di permanenza a Firenze).
Riunificata Roma all’Italia dopo l’ingresso delle truppe italiane dalla breccia di Porta Pia, il 20 settembre 1870, cominciò il processo di trasferimento delle sedi centrali della Chiesa Valdese a Roma. Protagonista di questa vicenda fu il pastore Ernesto Giampiccoli, un convertito alla fede cristiana evangelica, prima presidente del Comitato per l’Evangelizzazione e poi Moderatore della Chiesa Valdese uno dei protagonisti la costruzione di questa piattaforma protestante nella prestigiosa e umbertina Piazza Cavour in cui prese poi posto la Facoltà di teologia. Ernesto Giampiccoli doveva essere richiamato al Signore nel 1921 e quindi non potrà vedere la conclusione di quest‘opera così significativa.
La decisione di trasferire la Facoltà Valdese di teologia a Roma fu sostanzialmente presa dopo la Prima guerra mondiale, anche in chiave ecumenica all’interno dell’evangelismo italiano, come condivisione con le altre confessioni protestanti. Ma la Prima guerra mondiale doveva anche portare al tramonto di quell’Italia liberale in cui la chiesa valdese aveva pensato di vivere nel suo trasferimento a Roma, un trasferimento che era anche confronto con la capitale mondiale del cattolicesimo.
L’edificio fu costruito adiacente alla chiesa di Piazza Cavour, grazie alla munificenza di una protestante ammiratrice dei valdesi, la signora Emma Baker Kennedy di New York.
L’inaugurazione dell’anno accademico a Roma avvenne il 5 novembre 1922. Appena una settimana prima, e cioè il 28 ottobre si era svolta la marcia dei fascisti su Roma e Mussolini divenuto capo del governo il 31 ottobre di quell’anno. Quello che segue è noto. Dieci giugno 1924 rapimento e uccisione del deputato socialista Giacomo Matteotti, assunzione da parte di Mussolini della piena responsabilità di quanto accaduto nel discorso del 3 gennaio 1925, e nel 1926 le cosiddette “leggi fascistissime” che aboliscono partiti, sindacati e libertà di stampa. È il regime fascista che stipulerà poi nel 1929 il Concordato con la Chiesa Cattolica e poco dopo emanerà le leggi sui culti ammessi per regolare la vita delle nostre chiese evangeliche.
Quindi in un certo senso il trasferimento a Roma arriva troppo tardi rispetto alla possibilità di vivere un periodo di dialettica religiosa e culturale libera e pluralistica.
Una delle conseguenze dell’avvento del fascismo è la soppressione dell’unico tentativo di dialogo organico che ci sia stato tra il mondo laico e quello protestante, caratterizzato dalle figure di Piero Gobetti e di Giuseppe Gangale.
Il tema di questo dialogo è la mancata riforma religiosa come l’elemento di debolezza della costruzione dell’unità d’Italia. È uno dei temi su cui si articola la presenza politica protestante nel nostro paese.
Piero Gobetti aveva riassunto il suo pensiero, politico e filosofico in un volume “Rivoluzione Liberale”, pubblicato nel 1924. Secondo una delle tesi di Rivoluzione Liberale “il fascismo era l’espressione di tare storiche profonde dell’Italia: era anzi “l’autobiografia della nazione” addirittura la forma in cui la nazione italiana aveva espresso la sua immaturità civile. Una tara storica secolare era, secondo Gobetti, la Riforma mancata, ovvero la mancanza nella coscienza degli italiani, di quel rinnovamento profondo che in altri paesi europei era stato portato dalla Riforma protestante. Secondo Gobetti, tanto lo spirito di libertà del capitalismo, quanto l’anelito libertario della classe operaia derivavano ambedue da quella etica protestante del lavoro di cui ha trattato Weber nella sua opera più famosa”.[1]
Da parte protestante, il protagonista della vicenda fu Giuseppe Gangale. Dopo la Prima guerra mondiale un missionario americano battista, Dexter G. Whittinghill venne in Italia e promosse varie iniziative dirette al rinnovamento e al dialogo spirituale nel nostro paese. Una di queste fu la rivista Conscientia che aveva come motto le parole di Lutero Non deponere conscientiam. “Dopo qualche certezza iniziale acquistò il carattere di lotta antifascista, specie dopo che Giuseppe Gangale ne ebbe presa la direzione, prima di fatto e poi formalmente. Gangale partiva dalla riforma mancata (in Italia) per arrivare ad una valutazione del protestantesimo in genere e del calvinismo in particolare, come fattore decisivo della civiltà moderna.”[2] Sul periodico di Gangale scrissero importanti intellettuali di allora come Antonio Banfi, Lelio Basso (Prometeo Filodemo) che doveva diventare uno dei leader del Psi, Felice Momigliano e Adriano Tilgher.
Gobetti comprese pienamente l’importanza di Conscientia e pubblicò una decina di articolo sul periodico di Gangale. Otto di questi furono poi pubblicati nel volume “Risorgimento senza eroi”, uno nel già citato Rivoluzione Liberale col titolo” Il nostro protestantesimo”. A sua volta Gangale potenziò il suo pensiero in un libro che intitolò “Rivoluzione Protestante” e che Gobetti pubblicò nella propria collana editoriale nel 1925.
Purtroppo, Piero Gobetti doveva morire per le conseguenze delle bastonature fasciste a Parigi nel febbraio 1925. Gangale continuò la sua battaglia pubblicando presso le edizioni di Bylycnis un volumetto Tesi e amici del nuovo protestantesimo, pubblicando biografie e testi dei collaboratori di Conscientia, tra cui il socialista Guido Mazzali, redattore dell’Avanti! Quest’ultimo fu attaccato e quasi dileggiato da Antonio Gramsci sull’Unità. Il leader comunista tornò criticamente sulla tesi della mancata Riforma in Italia cui egli contrapponeva invece il materialismo storico in quanto “forza che investirà la società nelle sue più profonde radici.”
Con l’arrivo delle leggi fascistissime Conscientia e tutte le riviste cui questo dibattito si era allargato vengono proibite. Gangale resiste e continua la sua attività con la casa editrice Doxa, ma nel 1933 abbandona l’Italia e segue un percorso che lo porterà alla fine a insegnare in Danimarca. Non tornò più ad operare in Italia, anche dopo la fine della II guerra mondiale. Morì in Svizzera, a Muralto, nel 1976.
Un dialogo così elevato ed importante tra laici e protestanti come quello animato da Gobetti e da Gangale non avrà più luogo in Italia e, anzi, la cultura protestante è stata per molti aspetti a lungo rinchiusa in un ghetto.
Nel 1929 viene firmato il Concordato della Chiesa Cattolica col regime fascista del 1929, che rafforzava nel concreto delle sue norme la religione cattolica come. religione dello stato (già prevista dallo Statuto Albertino). Ricordiamo che con l’inserimento del Concordato stesso nella Costituzione Repubblicana del 1948 – un colpo duro e per molti versi inaspettato per gli evangelici- questo status giuridico è durato fino al 1984.
La Costituzione era frutto della lotta di Resistenza e della guerra di Liberazione cui il popolo Valdese aveva di fatto partecipato con tanti dei suoi figli e delle sue figlie, anche se nessun valdese o meglio nessun evangelico risultò eletto all’Assemblea costituente.
Recentemente è stato ripubblicato il libro di Leo Valiani, “Tutte le strade conducono a Roma”, in cui l’importanza della Resistenza nelle valli valdesi risalta molto efficacemente sottolineata, in particolare riguardo alla particolare forza che nelle Valli valdesi avevano le formazioni partigiane Giustizia e Libertà. del Partito d’Azione
Una Resistenza, quella valdese, già allora europeista. E proprio quest’anno è stato edito un altro libro, uscito in francese di una giovane studiosa, Francesca Tortorella, che parlando dell’europeismo antifascista, ha un significativo paragrafo intitolato “La spécificité vaudoise” (“La specificità valdese”)”[3] proprio per sottolineare i contributi di importanti esponenti valdesi come Mario Alberto Rollier alla nascita del pensiero europeista italiano.
Dopo l’inserimento del Concordato nella Costituzione, il rapporto tra protestanti e politica si focalizza sul la difesa della laicità dello stato e l’uguaglianza di tutte le fedi religiose di fronte alla legge.
Ma una stagione di attuazione della Costituzione doveva aprirsi nel 1984 con la revisione del Concordato e con le Intese con le confessioni religiose diverse dalla cattolica in attuazione dell’art.8 della Costituzione.[4] La religione cattolica non era più religione dello stato e gli evangelici italiani non erano più invisibili. Anzi, con l’otto per mille sono diventati destinatari dei contributi di circa seicentomila italiani. È una stagione che ho potuto seguire da vicino non solo da parlamentare ma anche da vicesegretario nazionale del PSI.
Le Intese e l’otto per mille che ne è seguito, hanno profondamente modificato il quadro in cui si muovono le nostre chiese, come l’Unione delle chiese evangeliche valdesi e metodiste e l’Unione delle Chiese Battiste e i luterani della Celi che partecipano alla vita di questa facoltà. Con le Intese abbiamo testimoniato che esiste un pluralismo nel modo di concepire i rapporti tra stato e chiese dando in tal modo un apporto al pluralismo e alla democrazia nella nostra nazione. Naturalmente un simile risultato ci impegna tanto più ad ottenere una legge quadro generale sulla libertà religiosa, completando l’attuazione della Costituzione. Ho presentato una proposta in materia sia nel 2001 che nel 2006 senza poter giungere alla sua approvazione. Oggi sarebbe importante che qualche parlamentare volesse rilanciare il tema.[5]
In questo nuovo quadro anche I riconoscimenti delle istituzioni non sono mancati e questi stessi locali della Facoltà Valdese di Teologia hanno visto la visita di tre Presidenti della Repubblica, Francesco Cossiga (17 febbraio 1986), Oscar Luigi Scalfaro (27 ottobre 1995) e Carlo Azeglio Ciampi. (12 aprile 2002).
Nel frattempo, dopo il Concilio Vaticano II, si è sviluppato un dialogo ecumenico con la Chiesa Cattolica, cui Papa Francesco imprimerà un colpo di acceleratore con la sua visita al tempio Valdese di Torino del 2015. Ma non dimentichiamoci il contributo dell’arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, nella cui diocesi venne costituito il primo di quei Consigli delle Chiese cristiane che si sono poi diffusi in molte città del nostro paese. e che vedono insieme cattolici, protestanti, ortodossi, anglicani e altre comunità cristiane.
È significativo che spesso il quotidiano nazionale italiano che oggi dedica più spazio alle vicende del protestantesimo italiano è indubbiamente l’Avvenire, l’organo della Conferenza Episcopale.
Giustizia e solidarietà.
Finora abbiamo parlato della libertà, ma alle battaglie per la libertà devono essere associate le battaglie sociali per la giustizia e la solidarietà.
Certamente il riferimento teologico è al Sermone sul Monte, che non a caso aveva ispirato il teologo del socialismo cristiano, il pastore svizzero Leonhard Ragaz che fu poi giornalista e propagandista politico a cavallo tra il XIX e il XX secolo e che lo considerava come fonte del suo impegno politico. La forza dirompente di quel testo (Luca 6: 17-33) che comincia con “Beati voi poveri, perché il Regno di Dio è vostro” -, con l’enumerazione delle beatitudini che esaltano i poveri e gli ultimi della società, costituisce un rovesciamento totale di prospettiva rispetto a quello che è considerato il successo e la forza nel mondo.
In quest’ambito europeo importantissimo è stato il rapporto tra metodismo e laburismo in Gran Bretagna. Ricordo che quando mi recai come laburista italiano nel 1995 alla Conferenza Nazionale del Labour a Blackpool, la segreteria in cui compiere le operazioni di accreditamento e di rilascio del badge era collocata nella locale chiesa metodista. Anzi, tradizionalmente, il congresso del Labour Party inizia con una funzione nella chiesa metodista a significare il legame intercorso tra la nascita e lo sviluppo di quella chiesa con la successiva nascita e lo sviluppo delle Trade Unions e del loro partito, il Labour.
In Italia, come testimonianza dell’ispirazione dell’intensa azione degli evangelici nel sociale, vorrei richiamare un inno del nostro Innario Evangelico, il n.335 che risale a più di cento anni fa e che le nostre comunità cantano volentieri. Sottolineo in proposito che questo nostro innario è pieno di spunti teologici da non sottovalutare.
La prima strofa comincia con questa invocazione: “Il Regno tuo Signor nel mondo venga, regno di pace di giustizia e amor” …e la seconda strofa ammonisce “Chi contemplar le altrui miserie teme mentre ne sale il triste grido al ciel…/al suo Maestro più non è fedel” e la terza denuncia “Chi di parlar si appaga e nulla tenta/e non s’adopra a contrastare al mal/dell’avversario la potenza aumenta/che l’uomo assale con furor mortal…”
E conclude così la quarta strofa:
“Contro ogni mal che l’uomo opprime e strazia /levisi il popol di Dio fedel! /Sol chi combatte forte di sua grazia/ Segue il Signor nel suo Vangel
Il testo originario, forse più ingenuo, forse datato, ma che a me piaceva di più, suonava: “Contro ogni mal che l’uom travaglia all’opra! /O voi che amate il Vero, il Bello, il Ben/sol chi pel Regno del Signor s’adopra/al Signore appartien!”)
Non è senza significato che questo inno venga da quello originario scritto da Ernesto Giampiccoli, proprio quel moderatore della Chiesa Valdese che fu uno dei protagonisti, con Giovanni Luzzi del trasferimento del centro direzionale della Chiesa Valdese da Firenze a Roma. Non a caso il Tempio Valdese a cui è stato successivamente aggiunta la nostra Facoltà fu costruito per il cinquantennio dell’Unità d’ Italia (1861-1911) e inaugurato nel 1914 in piena età giolittiana. Questo complesso, Chiesa – Facoltà di teologia, in cui ci troviamo, doveva quindi essere la raffigurazione architettonica di un‘importante presenza protestante proprio nella città capitale d’Italia e sede del Papato cattolico.
È in questa Roma in cui ci troviamo oggi nel XXI secolo a cento anni di distanza.
Se le sorelle e i fratelli che ci hanno preceduto guardavano soprattutto alla possibilità di mettere in questione più da vicino il primato della Chiesa cattolica, oggi per noi questa vicinanza costituisce una possibilità di dialogo ed un’opzione ecumenica.
Non è un caso che un’iniziativa significativa come quella dei corridoi umanitari per gli immigrati e rifugiati sia stata realizzata grazie ad un accordo tra Federazione Chiese Evangeliche, Tavola Valdese e Comunità di Sant’Egidio sostenuta dal nostro otto per mille. È un esempio cui molti guardano nel contesto di una drammatica situazione dei movimenti migratori nel nostro pianeta, uno dei problemi epocali della situazione in cui viviamo.
So bene che anche nel nostro mondo protestante vi è chi teme che il dialogo ecumenico possa soffocare la nostra identità di piccola minoranza. Ma non dobbiamo avere paura del dialogo e del confronto, lo dobbiamo considerare un’occasione per presentare tutte le potenzialità della nostra identità e dunque per rafforzarla.
Il nostro tempo. L’ambiente. La pace. In Italia.
L’impegno politico del cristiano e nel nostro caso del cristiano evangelico nel tempo in cui ci troviamo a vivere non è un ‘opzione ma una necessità.
È la presa di coscienza di una responsabilità verso il mondo in cui viviamo e soprattutto verso il mondo che noi vogliamo lasciare a chi verrà dopo di noi.
Un mondo attraversato e solcato da fenomeni planetari che riguardano l’ambiente in cui viviamo.
Il creato è oggi messo a rischio dai cambiamenti climatici provocati dall’azione del genere umano sul pianeta terra. L’importanza e l’urgenza di prendersi cura dell’ambiente attraverso il raggiungimento dello sviluppo sostenibile non sono una novità nel contesto internazionale. Ricordiamo per esempio la Dichiarazione di Stoccolma del 1972 e il rapporto Our Common Future del 1987-rapporto della Commissione Mondiale sull’ambiente e lo sviluppo presieduta da Gro Harlem Brundtland (all’epoca primo ministro norvegese e, una volta lasciata la politica attiva, esponente della chiesa luterana del suo paese). Il consenso internazionale su queste tematiche si è anche visto al Summit della Terra a Rio de Janeiro nel 1992 ed in molti altri contesti internazionali. Anche recentemente, nel 2015 sono stati definiti accordi e piani di azione a livello globale, quali l’Agenda 2030 con i suoi Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile e l’Accordo di Parigi sul clima. In questi contesti si è parlato molto dell’importanza di accelerare le azioni per arrivare ad uno sviluppo sostenibile. Ma in tutto questo, non si è pensato né si è agito veramente sull’interconnessione tra i problemi ambientali, sociali ed economici. Interconnessioni che sono ormai presenti a livello globale.
La stessa pandemia da COVID19 non è solo un’emergenza sanitaria ma l’espressione di disequilibrio sociale – ambientale -economico
La pandemia da COVID 19 ci ha ricordato drammaticamente quanto siano fragili le nostre conquiste e le nostre sicurezze. La pandemia ci è costata tanto in termini di sofferenze, isolamento e di interruzione della socialità, ma quanto ci ha costretto ad imparare dal punto di vista della fraternità e della solidarietà!
Ma il male non era finito. In questo anno 2022 la guerra quella sferrata dalla Russia contro l’Ucraina ci ha fatto ripiombare nel secolo scorso, quando le nazioni ricercavano l’allargamento territoriale scatenando guerre convenzionali. Solo che tutto questo si svolge in presenza sia di impianti nucleari ad uso civile sia di potenti armamenti nucleari di cui non si esita a minacciare l’uso. È la cronaca di questi giorni, che ha visto evocare il pericolo di un’Apocalisse nucleare. (cfr.XVi:16 in cui si parla di “Harmaghedòn”, l’Armageddon citato dal presidente Usa Jo Biden a proposito delle minacce russe di usare il nucleare)..
Siamo in drammatico contrasto con i principi e i valori del Cristianesimo e dunque torna il tema della necessità dell’impegno politico del cristiano, in un mondo tormentato dalle disuguaglianze, dalle guerre, dalle pandemie, dai mutamenti climatici, dalla negazione in troppe aree del nostro pianeta dei diritti civili, in particolare di quelli delle donne oggi sottolineatiti da eventi drammatici. Non abbiamo altra scelta e non dobbiamo rinchiuderci in un pietismo fine a sé stesso, considerandoci cittadini della Città di Dio per dimenticare di essere anche cittadini di questa terra.
L’odio, il rancore, la violenza che pervadono tanti strati e tante aree della società hanno molteplici cause: economiche e sociali certamente, ma anche spirituali segno di una crisi negli orientamenti delle coscienze che ci deve trovare preparati ad una risposta.
I leaders religiosi del mondo si incontrano, triennalmente come anche recentemente (14 settembre) nel Kazakhistan, ma le loro riunioni, pur importanti e positive nel dialogo interreligioso, sembrano inconcludenti come quelle che si svolgono a livello politico.
Che cosa può fare una Facoltà Teologica come quella Valdese qui a Roma?
Non certo coltivare una sindrome del ghetto, ma riprendere proprio quella vocazione di apertura e di presa di coscienza che l’ha portata qui. Una vocazione che ci ha condotto a svolgere questa prolusione sul tema dell’impegno politico del cristiano.
Non esiste una politica cristiana – è stato affermato più volte – ma esiste un modo cristiano di far politica. E a questo ci dobbiamo richiamare con piena convinzione nel nostro rapporto tra fede e politica.
Pochi giorni fa si sono svolte in Italia le elezioni politiche generali che hanno registrato un tasso di assenteismo del 36% circa, più di un italiano su tre. È un dato che desta con grande allarme. È sintomo di un distacco pericoloso tra le forze politiche e una parte consistente del popolo italiano. Non lo si affronta e lo si supera con le parole, ma con i fatti, con i necessari mutamenti nella cultura, nella prassi, nei comportamenti e nelle leggi elettorali, che, dopo anni di leggi contorte e contraddittorie vanno riformate introducendo una legge chiara, trasparente e comprensibile che ristabilisca un rapporto diretto tra eletti ed elettori. E ciò richiede l’impegno di tutti.
Dobbiamo quindi avere la volontà di giocare fino in fondo il nostro ruolo e la nostra presenza a Roma nell’ecumenismo religioso e cristiano e nel dialogo interreligioso, nel dialogo culturale con i non credenti che proprio la collocazione in Roma stimola e rafforza, nella nostra testimonianza di fronte alle istituzioni. A volte non ci rendiamo conto dell’attenzione, dell’interesse e della speranza che con la nostra stessa presenza suscitiamo in chi è posizione di ricerca spirituale e di dialogo, sia negli ambienti cattolici che laici, sia delle altre fedi religiose. Oppure ce ne accorgiamo ma non abbiamo forze sufficienti per rispondere alla domanda che verso di noi viene rivolta.
E qui torna in campo la facoltà di teologia e il suo ruolo. Quella di una fede evangelica, profondamente vissuta, che cerca una risposta nell’analisi teologica delle sue caratteristiche, nella ricerca culturale che può animarle. La lezione Valdese nei secoli della qualità che genera quantità, cioè di una Chiesa così piccola ma che irradia un messaggio di fede e di coerenza nei secoli sia nella società italiana sia a livello internazionale nel protestantesimo e nel dialogo ecumenico ci deve incoraggiare. Città dell’uomo, città di Dio: sappiamo molto bene quanto siano incommensurabili. Ma proprio perché crediamo nella città di Dio possiamo non perdere la fiducia e la speranza di fronte ai problemi e ai mali che troviamo nella città dell’uomo. Proprio perché crediamo al senso la nostra esistenza sulla terra non ci arrendiamo a ritenerla frutto di un’aggregazione fisica casuale, sentiamo che c’è un servizio da compiere, una missione da dispiegare, un ruolo da giocare.
Giusta quindi la decisione presa cento anni fa di venire a Roma? Senza un insediamento forte nelle Valli Valdesi la nostra presenza in Italia perderebbe una parte importante del suo significato. Ma in un mondo internazionalizzato, e, pur con tutte le sue contraddizioni globalizzato, la presenza a Roma della facoltà teologica valdese rappresenta un punto forte di testimonianza e di impegno, generalmente riconosciuto ma sempre da riconquistare in un mondo per molti versi secolarizzato.
Voi professori dovete formare i pastori del domani e sappiamo bene quali sono i problemi, nuovi e complessi, del pastorato nel contesto della vita odierna delle nostre comunità. Ma dipende dalla formazione che potrete dare se la Chiesa Valdese e Metodista, le nostre Chiese Evangeliche, non si trasformeranno in agenzia etica certo meritoria- che si fa carico soprattutto di opere nel sociale, ma saranno anche in grado di andare tra la gente e predicare oggi, in questo drammatico 2022, il messaggio dell’Evangelo, il messaggio dell’Agape, l’inno alla carità (o alla fraternità) dell’apostolo Paolo nella I lettera ai Corinzi. Un messaggio che va portato in modo al tempo stesso semplice e diretto ma nutrito di quella cultura e di quella preparazione che dà le risposte alle domande più difficili, che permette il dialogo e il confronto con gli altri. E a voi studenti guardiamo con gratitudine per la vostra decisione di formarvi per questa missione con l’augurio più sincero per i vostri studi e le vostre vocazioni.
Pensiamo quindi al cammino fatto da quando quei due professori che con due studenti costituirono la Scuola Valdese di Teologia a Torre Pellice nel 1855, al loro messaggio di fiducia e di speranza e facciamolo nostro. Con lo stesso spirito possiamo aprire questo anno accademico della Facoltà Valdese di teologia.
[1] G. Spini, La strada della Liberazione. Dalla riscoperta di Calvino al fronte dell’VIII Armata, a cura di V. Spini Torino, Claudiana, III ed. 2003 pag.29. L’opera cui allude la citazione è naturalmente M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo.
[2] G: Spini. La strada …cit. pp. 30-31
[3] F. Tortorella, Un antifascisme éuropeiste, Giustizia e Libertà ei le Partito d’Azione, Bologna Il Mulino, 2022, pp. 243-7.
[4] Cfr. Fede e istituzioni. A trent’anni dall’Intesa tra lo Stato italiano e la Chiesa Valdese, a cura di F. Cadeddu, “Quaderni del Circolo Rosselli” n.2/2015, Pacini Editore Pisa.
[5] Cfr. Per una legge sulla libertà religiosa, a cura di P. Naso, “Quaderni del Circolo Rosselli” n.1/2007 Alinea ed. Firenze.,